3 gen 2013

Fadà: il cappellaio matto è tra noi

Sono inciampata in Fadà, al secolo William Fusco, per via di un reblog su tumblr, in un pomeriggio di noia assoluta: per caso.
Si sa, gli incontri più interessanti sono quelli fortuiti:  mi sono ritrovata, così, all'improvviso, a seguire da vicino questo giovane artista dotato di un talento cantautoriale prezioso, fatto di ironia, critica, ma anche poesia; pennellate di sogni, "polvere di musica", come intitola egli stesso il suo primo lavoro (in ascolto dalla sua pagina ufficiale).
Visionario (come molti lo definiscono) o meno, Fadà (che in francese significa "matto", laddove si intende la follia come generatrice di arte) è un destrutturalista: del ritmo, del linguaggio, e anche del politically correct, senza offendere nessuno: "La donna cervello", di certo la hit più significativa dell'album, è un ritratto divertente e sarcastico su certi stereotipi femminili contrastanti, iperbolizzati dalla sua verve pungente e allegra: con quella faccia, con quella musica, Fusco può permettersi di dire quel che gli pare risultando perfettamente credibile e senza sembrare né artefatto né di parte, e a mio parere qui sta tutta a sua forza. Farsi ascoltare non è semplice per un emergente, ma è certo che a lui riesce con una spontaneità che non si vedeva dai tempi in cui Caparezza se ne uscì con il suo primo singolo.
A Fadà va il merito di un lavoro curato nel messaggio d'insieme, trasmesso nell'interezza dell'unione inscindibile testo-musica, che è un biglietto da visita genuino dell'autore e della sua interiorità.

Un album che rende finalmente alla musica italiana emergente un po' di merito, in mezzo a tanta fuffa pop che parla un sacco di tutto senza dire niente.
Voto: 8 pieno. E attendo il suo esordio esplosivo tra i grandi.


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